Il business della droga, accanto a quello delle armi e del petrolio, è un ramo importante dell’economia mondiale

Colombia, la New Economy

In Colombia il commercio di droga è il fattore di ricchezza più dinamico. Le grandi banche si arricchiscono con il riciclaggio dei narcodollari, il grande capitale guadagna con il commercio dei prodotti necessari alla produzione della cocaina e con il trasporto. Nessuna meraviglia, quindi, se le oligarchie, i politici, la polizia e i militari sono profondamente coinvolti in questo affare. Né è strano che vi sia oggi un processo contro l’intero governo Samper e contro molti parlamentari sulla base dell’accusa di aver preso denaro illegale proveniente dalla droga.

Anche il gigantesco apparato paramilitare sotto la guida di Carlos Castano può essere finanziato grazie agli utili ricavati dalla vendita della coca. Secondo l’agenzia nordamericana che si occupa della droga, la Dea, circa il 70 per cento della cocaina venduta in Nord America e a Panama lascia il Paese dai porti che sono sotto il controllo degli uomini di Carlos Castano.

È difficile stabilire con precisione quanto incida, nell’economia colombiana, il denaro che proviene da questo traffico, tuttavia il fatto che solo nel corso dell’anno 1993 siano stati congelati conti bancari e investimenti da parte di narco-aziende di Medellín per un valore complessivo di 1.400 milioni di dollari, dà un’idea della grandezza del sistema. Le diverse stime oscillano tra 1,5 e 7 miliardi di dollari di guadagni annui, ciò che costituisce una parte minore del Prodotto interno lordo della Colombia [tra il 3 e il 14 per cento], e più o meno lo stesso vale per Bolivia e Perù. La maggior parte delle stime partono da circa il 6 per cento del Pil, e da una quota di posti di lavoro corrispondente. Quindi le droghe non sono, contrariamente a quel che se ne dice, il principale prodotto di esportazione della Colombia. Tuttavia, nel corso degli anni si sono accumulate somme di denaro miliardarie [in dollari], investite per lo più in latifondi, immobili, lussuosi beni di consumo e servizi. Così che il patrimonio della borghesia della droga costituiva probabilmente, già all’inizio degli anni ’90, più del 30 per cento dell’intera ricchezza colombiana, dentro e fuori i confini nazionali.

Di solito, le strutture illegali dei commercianti di droga vengono rappresentate come"cartelli", cioè grandi e ramificate organizzazioni. Il concetto di"cartello", però, non descrive il fenomeno in modo efficace. L’esistenza di grandi cartelli, transnazionali e organizzati gerarchicamente, è improbabile già solo per motivi di sicurezza. Sul fatto che non esista alcun cartello gerarchicamente organizzato, con al vertice dei capi che controllano ogni cosa, aveva attirato l’attenzione, più volte, dello stesso ex procuratore generale, Gustavo Greyff. Le strutture illegali dei commercianti di droga assomigliano di più a modelli di organizzazione simili a quelli dei gruppi industriali postfordisti e transnazionali, vale a dire che funzionano sulla base del"just in time", cioè nella flessibilità della produzione in base alla domanda; dell’"outsourcing", cioè dell’esternalizzazione di funzioni importanti della produzione; della"subimprenditorialità", cioè delle"reti lunghe" del subappalto. Così lavorava il"cartello di Cali", una moderna impresa transnazionale e decentralizzata, fornita di moderni macchinari e tecniche, che intraprendeva analisi di mercato, sviluppava nuove strategie di vendita e nuovi prodotti.

Per descrivere il mercato colombiano della droga, il concetto di"mercati illegali" sembra più appropriato. Esistono, secondo il ricercatore colombiano Ciro Krauthausen, nel mercato della droga, così come in quello dei prodotti legali,"acquirenti e venditori, grandi e piccoli commercianti, importatori e distributori, prezzi, bilanci, profitti e - cosa che capita raramente - perdite". Come gli altri commerci, anche quello della droga è orientato principalmente alla massimizzazione del profitto. Inoltre si spartiscono diversi ruoli, come negli altri rami dell’economia, il commercio nei settori concorrenziali [i coltivatori di cocaina, i piccoli ricettatori di pasta di coca, i grandi e piccoli commercianti del prodotto finito], e un settore oligopolistico, sostanzialmente nelle mani di un limitato numero di esportatori colombiani. La struttura del settore oligopolistico rappresenta il motore dell’intera attività. Le persone che compongono queste strutture sono in ogni caso – proprio come nell’economia legale – intercambiabili: perciò il loro arresto non conduce alla scomparsa dell’attività. Un agente del Fbi riferiva, a proposito del traffico di coca a Medellín, che gran parte del management era variabile, e che le rispettive posizioni della gerarchia, così come l’appartenenza all’organizzazione e anche le attività secondarie in proprio, erano mutevoli.

Numerose imprese della droga arrivano a fondersi parzialmente, per effettuare insieme ingenti investimenti, come ad esempio per i grandi laboratori che costano fino a 20 milioni di dollari. Le strutture di vendita degli oligopoli sono messe a disposizione, dietro pagamento, anche dei produttori indipendenti.
Agenti della Dea, infiltrati nel cartello di Cali, hanno potuto constatare che al vertice del conglomerato c’è un"consiglio di imprenditori". Ciascuno di essi è circondato da consiglieri e delegati, che però non si conoscono l’un l’altro. Questo"consiglio" si occupa degli investimenti del clan, coordina il riciclaggio del denaro sporco, l’allestimento dei laboratori e la vendita della droga. Una ricerca del quotidiano El Espectador del 1994 stabiliva che"a parte i fratelli Rodriguez Orejuela, tutti gli altri imprenditori sono laureati: avvocati, laureati in economia ed economia aziendale, che si circondano volentieri di giovani laureandi in grado di portare nuove idee all’interno dell’azienda".

Dopo lo smembramento del Cartello di Medellín [in seguito alla morte di Pablo Escobar] nel dicembre 1993, e di quello di Cali nel 1995, la struttura del business della cocaina in Colombia si è data una nuova e più specializzata organizzazione. Sono nati nuovi Cartelli, ma, ad un esame più attento, la loro attuale struttura corrisponde, secondo i dati dell’Osservatorio geopolitico delle droghe [Ogd], che ha sede a Parigi, ad una fitta rete di 2-3000 piccole e di 40 medie organizzazioni, che complessivamente possono disporre non meno di 700 piste segrete di atterraggio. Da molti lo smembramento del Cartello di Cali è stato interpretato come una ritirata concordata con il governo colombiano, dopo che il Cartello aveva giocato un ruolo essenziale nella guerra contro il Cartello di Medellín e aveva ceduto parzialmente ai narco-trafficanti messicani la rete di esportazione negli Stati uniti. Oggi i commercianti messicani di droga sono divenuti i più potenti del continente americano. I narco-trafficanti colombiani, al contrario, hanno investito una grossa parte del denaro illegale in imprese legali e si presentano con più discrezione che nel passato. Hanno conservato però la loro posizione di egemonia nella produzione e nella raffinazione. La maggior parte delle strutture basano la loro direzione su rapporti di parentela e su amicizie di lunga data, che assicurano una base reciproca di fiducia.