Intervista con Dario Azzellini di Natalia Aruguete e Walter Isaía


La guerra ormai non è per imporre un altro modello economico: è il modello


Intervista a Dario Azzellini, ricercatore italiano sulle "nuove guerre". L’idea del conflitto permanente crea condizioni per la nascita di un modello economico che sarebbe impossibile da imporre in condizioni di pace. Allo stesso tempo, è sempre più importante l’intervento di Compagnie Militari Private (CMP) in tutto il mondo, dall’Iraq fino alla Colombia.

Che significa la denominazione “nuove guerre” che Lei usa nel libro “L'affare della guerra”? 

Nel dibattito accademico e – in parte – politico, il termine “nuove guerre” si introduce per denominare il fatto che sempre più guerre non si fanno tra paesi bensì all’interno di paesi o, per lo meno, tra un esercito regolare ed uno irregolare. Ma il termine potrebbe ampliarsi perché, coi cambiamenti delle strategie della conduzione, vediamo che perfino i paesi con eserciti regolari stanno esternalizzando la violenza ad imprese private o strutture paramilitari: attori che non sono i tradizionali delle guerre “comuni”.

Sono finite le guerre tra Stati?
Non è che siano finite. Al contrario, nell’ultima decade c’è anche un rafforzamento delle guerre tra paesi, ma si presentano altrimenti. Gli attacchi ad Afghanistan o Iraq sono guerre tra paesi, ma la percentuale delle guerre irregolari rispetto alle regolari sta aumentando.

Questo ubbidisce alla logica neoliberale? 

Diciamo che ubbidisce a certe logiche del neoliberalismo nel senso di aumentare i guadagni. Il senso della guerra è cambiato. Tradizionalmente, è per cambiare le élite ed il controllo delle economie o introdurre un altro modello di dominio economico o politico. Ora, in molti casi, le guerre sono permanenti. Non si fa la guerra per implementare un altro modello economico ma la guerra stessa è meccanismo di guadagni.

Per esempio? 

Per esempio in Colombia. Molti dei guadagni in questo paese avvengono perché – praticamente – è un paese in guerra. Durante gli ultimi 20 anni, il passaggio dall’agricoltura piccola e mediana all’agroindustria si è realizzato attraverso la guerra. Altrimenti non sarebbe stato possibile espropriare milioni di contadini dalle loro terre e fare una riforma agraria al contrario, dove proprietari terrieri e paramilitari si sono appropriati di 6 milioni di ettari di terra.

Questa è una delle logiche distintive delle “nuove guerre”? 

La permanenza della guerra fa sì che si possa portare a termine questo modello di agroindustria in distinte zone. Solo attraverso la guerra possono essere cacciati i contadini e le comunità indigene o afro-discendenti che, in Colombia, hanno un diritto costituzionale ai loro territori ancestrali. Il salario reale degli operai industriali in Colombia è sceso perché mediante la guerra o il paramilitarismo si ammazzano i sindacalisti o si fa pressione su di loro quando ci sono conflitti lavorativi.

In questo scenario, qual è il ruolo dello Stato? 

In tutto il discorso liberale si dice che lo Stato sta suppostamente perdendo il controllo di quegli attori armati. Fondamentalmente, nel caso della Colombia. Credo che gli Stati non perdono il controllo e, se lo perdono, è in piccoli punti. Semplicemente stanno esternalizzando le funzioni repressive o di guerra creando più confusione. I gruppi paramilitari colombiani sono stati creati per le difficoltà dello Stato ad ottenere finanziamenti internazionali negli anni ‘80, per la responsabilità dell’esercito o della polizia nei delitti contro i diritti umani. Successivamente è stato montato lo show della supposta smobilitazione dei paramilitari, ma già alla fine degli anni ‘90 era di pubblico dominio che il paramilitarismo era coordinato, fomentato e controllato dall’esercito e dalle autorità colombiane. Nel 2000, Human Right Watch ha pubblicato un’analisi della Colombia il cui titolo era “Paramilitarismo, la sesta divisione dell’esercito colombiano”. L’esercito colombiano aveva cinque divisioni. In quella relazione si chiarisce che il paramilitarismo è parte integrale della situazione dell’esercito colombiano e che il processo di disarmo è una farsa. I supposti paramilitari smobilitati appaiono in altre zone della Colombia dove si ha ancora bisogno del paramilitarismo come strategia o come supposti gruppi riarmati.

Come e quando nascono le Compagnie Militari Private (CMP)?
Le prime nascono immediatamente dopo la II Guerra Mondiale, perché l’esercito degli Stati Uniti aveva grandi capacità di trasporto che ormai non deve più mantenere ed ha incominciato a privatizzare parte del trasporto. Ma il vero boom di queste imprese è incominciato alla fine degli anni ‘80 e si è rafforzato in forma massiccia negli anni ‘90. Nella prima guerra degli Stati Uniti contro l’Iraq, il rapporto tra impiegati delle CMP ed i soldati era di 1 a 100. In Afghanistan, di 1 a 50/40. Ora, in Iraq ci sono 180.000 impiegati di CMP, secondo i dati dello stesso esercito nordamericano. Più di quanti non siano i soldati dell’esercito.

Che attività sviluppano queste compagnie?
Tutte quelle che ci si possa immaginare. Il maneggio di armi sofisticate (come aeroplani senza pilota, radar o missili di navi statunitensi), nella prima ondata di attacchi all’Iraq, è stato realizzato da specialisti di imprese private. Inoltre distribuiscono la posta, cucinano o lavano i vestiti dei soldati, montano gli accampamenti militari, le prigioni. Nel caso della prigione di Abu Ghraib ci sono stati processi ed indagini contro meno di 10 soldati degli Stati Uniti, quando avrebbero dovuto esserci molti più implicati. La verità è che la prigione era gestita in tutte le sue funzioni da due imprese private: CACI e Titan.

Che vantaggi derivano dall’esternalizzare questo tipo di compiti alle CMP?
Formalmente sono civili, allora non possono essere processati dalla giustizia militare. Allo stesso tempo, nei contratti è assicurato loro che non possono essere sottoposti alla giustizia civile dei paesi in cui agiscono. Praticamente si crea un’area di impunità. E l’unica maniera di fare qualcosa contro quei crimini è di intraprendere cause negli Stati Uniti contro queste imprese. Quante vittime hanno la possibilità di farlo? Quasi nessuna.

Si crea una sorte di quadro normativo dell’azione di queste imprese? 

Sì. Si legalizza tutto il commercio dei mercenari con questa cornice d’impunità. Inoltre, si esternalizza la responsabilità. Miles Frechette, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Colombia, ha detto che è molto comodo lavorare con queste imprese perché, se muoiono, non sono soldati degli Stati Uniti e, se fanno male qualcosa, neanche la responsabilità ricade sugli Stati Uniti. Nel caso della DynCorp che fa le fumigazioni di supposte coltivazioni di papavero e coca, in Colombia c’è una causa internazionale perché hanno fumigato parte dell’Ecuador. Ma l’impresa dice che non possono dire niente perché il contratto prevede non di dare informazioni a terzi. Il contratto viene dal Pentagono. Allora se un congressista gli chiede di rendere conto, il Pentagono presenta il contratto e dice: loro fanno questi compiti. Se fanno qualcosa di più non possiamo controllarli perché si tratta di un’impresa privata.

Queste imprese sono generalmente statunitensi contrattate dal Pentagono?
La maggioranza. In realtà, la maggior parte del finanziamento viene dagli Stati Uniti. Della spesa militare a livello mondiale, gli Stati Uniti ne sostengono la metà. Ci sono anche imprese in Europa, imprese russe, in Asia. Ma quelle degli Stati Uniti lavorano solo col consenso del Pentagono. Può darsi che istruiscano l’esercito della Corea del Sud, ma con l’accordo del Pentagono. Le imprese russe o di altri paesi le contratta chi ha il denaro.

Come convive l’esercito nordamericano con le CMP?
Dipende di quali settori dell’esercito parliamo. Nel caso concreto, probabilmente ci sono conflitti poiché gli impiegati di queste imprese di sicurezza normalmente guadagnano più dei soldati. Lavorano in situazioni più rischiose, con meno sicurezza. Ma il lavorare insieme funziona molto bene perché le imprese di sicurezza sono fondate ed organizzate da ex membri dell’esercito degli Stati Uniti. Anche molti politici sono padroni o comproprietari di queste imprese. Ci sono imprese come la MPRI, fondata da generali degli Stati Uniti della prima guerra contro l’Iraq che hanno assistito per un tempo alle riunioni del Pentagono. Ci sono nessi personali molto stretti. Eagle Aviation Services and Technology (EAST), che ha prestato servizio alla CIA negli anni ‘80, è addetta al trasporto di macchinari nell’ambito del Plan Colombia e del Piano Antidroga dell’America del Sud.

Quanto denaro maneggiano queste imprese? 

È un commercio che maneggia circa 150.000 o 200.000 milioni di dollari all’anno nel mondo. Le piccole sono state comprate dalle più grandi, muovono molto denaro, varie sono quotate in Borsa. È diventato un mega affare nel quale partecipano imprese che lavorano in altri campi. Ma ci sono anche nessi tra imprese transnazionali di risorse naturali come industrie petrolifere e minerarie.

Può darci un esempio? 

Nella guerra nel Congo, prima che Laurent Cavila vincesse, c’erano transnazionali dell’estrazione mineraria che pagavano mercenari o imprese militari private per accompagnare le differenti fazioni. Una volta liberato un territorio minerario, già c’erano ingegneri e le CMP con le industrie dell’estrazione mineraria avevano il controllo del territorio e facevano un accordo con la fazione vincitrice per sfruttare il giacimento.

Come avviene la contrattazione delle CMP? 

Sono contrattate per fare lavori. Ed anche questo è un altro sistema per evadere il controllo. La legge nordamericana stabilisce che tutti i contratti che superano i 50 milioni di dollari devono essere approvati dal Congresso. Normalmente si frazionano i contratti affinché siano minori ed il Congresso neanche viene a sapere di questi contratti o che si stiano facendo quelle missioni. È la possibilità degli Stati Uniti di fare interventi militari in altri paesi senza che appaiano come tali, perché non sono i suoi soldati quelli che agiscono. Tutti conosciamo l’impatto pubblico che causa l’immagine di soldati morti con la bandiera yankee che ritornano in USA. Questo non succede se muore un impiegato di un’impresa privata: non causa indignazione pubblica perché è come se morisse un impiegato dell’IBM a Singapore. Non importa a nessuno. In Iraq si può ipotizzare che sono morti, come minimo, 2.000 impiegati di CMP. Questo aiuta a mantenere il numero dei caduti ad un livello basso.

Assumono impiegati in America Latina?
Il reclutamento in America Latina è cresciuto molto negli ultimi quattro anni. Prima reclutavano molto in Filippine, Nepal, Fiji, Stati Uniti, Inghilterra, Francia. Più abituati a lavorare con una certa modalità. In Nepal, i gurkas hanno una tradizione di mercenari di 150 anni, e quelli della Fiji hanno ottenuto molta formazione in missioni dell’ONU.

C’è una stima di quanto destinano le imprese transnazionali al finanziamento di sicurezza con appoggio militare?
Sicuramente l’hanno incorporato al bilancio, ma è difficile da stimare. In Argentina, la Repsol sta lavorando con imprese di sicurezza private per dare sicurezza ai suoi campi di petrolio.

Che tipo di attività realizzano queste compagnie in Argentina? 

Attività di sicurezza che probabilmente comportano anche spiare i movimenti sociali con posizioni contrarie allo sfruttamento industriale petrolifero o il controllo del territorio. Il vantaggio è che lo Stato non dà necessariamente gratis i poliziotti o militari che l’impresa considera necessaria per quel controllo, invece per l’impresa privata è più importante ciò che dice il contratto piuttosto che ciò che dice la legge.

Sa quali sono le imprese contrattate da Repsol in Argentina?
Io non lo so. Ma si ha bisogno di meno gente per proteggere una pozzo petrolifero in Argentina che in Colombia.

Come appaiono nei mezzi di comunicazione queste imprese? 

Un caso che è passato molto per la stampa è stato nel 2004 a Falluja, dove ci sono state immagini forti di alcuni supposti civili – come ha spiegato in principio la stampa – catturati dalla popolazione irachena, assassinati ed i cui corpi sono stati bruciati ed appesi ad un ponte. La stampa ha detto che quella gente accompagnava un convoglio. Formalmente erano civili, ma erano usati da Blackwater, una delle imprese più grandi nel campo militare. Stavano fornendo sicurezza ad un convoglio di soldati nordamericani, un lavoro militare. Il problema è quale informazione ottiene ed offre la stampa. Tutta l’informazione disponibile sul conflitto in Iraq passa attraverso il dipartimento di relazioni stampa dell’esercito degli Stati Uniti. Sono notizie di stampa militari. Riferiscono solo le azioni nelle quali sono coinvolti i soldati l’esercito nordamericano però, dal momento che ci sono più impiegati di imprese militari che soldati, su molte azioni non abbiamo nessuna informazione. Ci sono state imprese private che hanno respinto l’attacco delle forze ribelli irachene quando la città di Falluja è stata conquistata dalla resistenza. Le forze dell’impresa Blackwater si erano infiltrate per fare attentati e mettere bombe.

Gli impiegati delle CMP sono per esempio i “contractors” che menziona la catena CNN?
Sì, sono gli impiegati di queste imprese. L’esercito contratta le imprese e le imprese contrattano queste persone. Ma non solo l’esercito. In Iraq tutte le ambasciate e le imprese contrattano CMP per custodia e sicurezza. In Colombia, la colombiana Ecopetrol, che sfrutta campi di petrolio vicino all’OXI degli Stati Uniti, contratta la CMP AirScan della Florida per fare sorvoli ed ottenere informazione di ribelli che stiano vicino ai campi e all’oleodotto da Caño Limón al porto dove si esporta petrolio agli Stati Uniti. Nel 1998, il paese di Santo Domingo è stato bombardato da elicotteri dell’esercito colombiano ed hanno lasciato quasi 20 morti. È stata fatta un’indagine, sono stati rinviati a giudizio i piloti dell’esercito colombiano i quali hanno detto di aver bombardato, ma solo eseguendo gli ordini. AirScan aveva passato informazione all’esercito che in quel paese c’era una colonna guerrigliera, per quel motivo è stato effettuato il bombardamento.

Allora proteggono gli affari delle imprese ed offrono servizi all’esercito.
È parte del lavoro. Nel caso del campo petrolifero di Caño Limón è una cooperazione ben organizzata e condivisa. L’impresa di sicurezza è pagata dalle imprese ed appoggiata dall’esercito colombiano e dagli Stati Uniti con tecnologia. È un insieme di imprese pubbliche e private, eserciti, CMP e poliziotti che conformano una rete che garantisce l’uscita del petrolio della Colombia agli Stati Uniti.

In questo intreccio, le CMP hanno relazione diretta con gli Stati e gli eserciti?
Il modus operandi è il seguente: Gli Stati Uniti fanno il Plan Colombia e gran parte del denaro non arriva mai in Colombia, attraversa solo la strada del Pentagono, dal momento che di fronte vi sono le sedi di molte delle imprese private militari che “lavorano” in Colombia. Bisogna mettere in risalto che mentre nelle guerre classiche i soldati avevano interesse a finire la guerra, queste imprese non lo hanno, perché guadagnano solo se c’è conflitto. Probabilmente non agiscono con lo spirito di finire con questi conflitti perché perderebbero il loro lavoro.

Hanno vincoli comprovati col narcotraffico in Colombia?
Ci sono stati casi di vari impiegati di imprese implicati in casi di narcotraffico. È molto difficile da verificare, ma si può supporre che vi siano contatti tra alcune imprese ed il narcotraffico.

Tra i compiti delle CMP in Colombia, si annovera l’azione contro dirigenti sociali? 

Sì, la British Petrol ha contrattato un’impresa per fare lavori di “intelligence” su movimenti sociali ed indigeni che stavano nella zona. I paramilitari hanno assassinato leader sociali e si sa che le CMP passavano informazioni all’esercito. I militari dicono che non li hanno ammazzati loro e che sono stati invece i paramilitari, ma il nesso rimane chiaro.

Come agiscono queste compagnie in Messico? 

Vi sono alcuni mercenari israeliani che hanno appoggiato la preparazione della formazione di gruppi paramilitari in Chiapas. Ma è poco chiaro. Il Messico è più costruzione di paramilitarismo. Il modello paramilitare in Messico è differente dal colombiano. In Colombia si sono organizzate truppe irregolari che si sono impadronite di terre, case, eccetera. In Messico si creano comunità paramilitari. Li si infiltra, li si prepara e si fanno diventare comunità paramilitari.

Qual è il vincolo tra l’azione di queste compagnie e la violenza di genere in Guatemala? 

Quello della Guatemala è un caso anteriore di costruzioni paramilitari come le autodifese civili, pagate per appoggiare l’esercito nel suo lavoro genocida. La violenza di genere s’inserisce perché è da sempre parte integrale della guerra. Si assassinavano gli uomini e violentavano e rimanevano con le donne. Questo rompe il tessuto sociale di tutta la comunità.

Queste strutture paramilitari, con le CMP e gli Stati, conformano modi di controllo sociale e parastatalismo?
Sì, parastatalismo perché controllano il territorio o rappresentano lo Stato. Salvatore Mancuso, ex capo paramilitare colombiano –  estradato il 15 maggio scorso per essere processato negli Stati Uniti –, ha detto in un’intervista a RCN che controllavano congressisti e che, per arrivare all’incarico, dovevano accordarsi con loro, altrimenti, non avrebbero ricevuto voti. La Colombia è chiaramente un narco-stato paramilitare. Non controllano zone ma sono nello Stato. Anche questo spiega i nessi con le imprese private. Nel nord della Colombia, le imprese bananiere pagavano una percentuale su ogni cassa di banane ai paramilitari per la sicurezza. Per vedere gli stretti legami tra politica e paramilitari, un altro capo paramilitare, Diego Murillo, alias Don Berna – anche lui estradato –, ha detto che esistevano sotto i governi e Stati che li portarono a proteggere la Giustizia “coi nostri propri pugni ed i nostri propri mezzi. Se parlano di prigione per quello che abbiamo fatto, tutti loro devono venire con noi”.

Ci sono impiegati delle CMP ostaggio delle FARC? 

Ce ne sono tre, ma è un caso complicato. Un aereo da turismo, prestato dal Pentagono ad un’impresa, sorvolava le zone guerrigliere per passare informazione di colonne e capi guerriglieri all’esercito ed è stato abbattuto. Si supponeva che gli statunitensi nelle mani delle FARC erano dell’impresa, ma dopo si è saputo che erano della CIA e che l’impresa era stata utilizzata come scudo.

Esiste qualche strategia degli Stati Uniti per l’America Latina dove partecipino le CMP a medio lungo termine?
Ci sono due elementi, uno è un gran database di ex militari formati che hanno partecipato a dittature e sono stati riconvertiti alle forme nuove di agire dell’esercito degli Stati Uniti per lavorare in Iraq. Ci sono migliaia di impiegati latinoamericani che lavorano per le CMP: ex militari di Argentina, Cile, Honduras, El Salvador e poliziotti speciali di Brasile, Perù. Neskowin aveva la sua sede a Montevideo e reclutava ex militari argentini ed uruguaiani per la Blackwater in Iraq. La seconda è l’espansione massiccia del paramilitarismo in alcuni paesi dell’America latina. In Venezuela incominciano ad esserci contatti con gruppi di opposizione, in Bolivia anche con gli autonomisti di Santa Cruz ed in Ecuador per formare come una specie di contro stand by a medio termine. In Venezuela si può tradurre in una combinazione tra strutture paramilitari e personale contrattato che organizzi qualcosa di simile ai contras come è successo in Nicaragua.
 
Traduzione di: „La guerra ya no es para instalar otro modelo económico: ella es el modelo“, intervista a Dario Azzellini di Natalia Aruguete e Walter Isaía. In: Página 12, 30.6.2008.