Chávez e il Potere Costituente

“No, il potere costituente non può essere ostacolato, non può essere ostacolato dal potere costituito [...] Alcuni autori parlano della terribile natura del potere costituente. Penso che sia terribile il potere costituente, terribile, complesso, rivoluzionario ma ne abbiamo bisogno. Non ci si dovrebbe sottomettere al potere costituente [...] il potere costituente è e deve essere- compatrioti- una potenza permanente, una potenza di elaborazione, un’iniezione rivoluzionaria, per ripristinare, molto occasionalmente, il nostro processo bolivariano”. (Chávez Frías, Hugo, 2007, “Fragmentos del Discurso
de toma de posesión” en Instituto Metropolitano de Urbanismo (IMU), Taller Caracas, El Poder Popular. Serie Ensayos. Propuestas para el debate, Caracas: IMU, 4-5
).

Nel corso degli ultimi decenni, a livello internazionale, uno dei principali punti di contesa, nella sinistra favorevole ad una profonda trasformazione sociale, soprattutto in America Latina, è stata la questione della presa al potere, la soluzione per poter collaborare con le istituzioni,o ancora meglio rifiutare qualsiasi coinvolgimento con lo Stato. Potremmo definire questi due prospetti più o meno come i concetti “dall’alto” e “dal basso”. Con l’avvento del Comandante Hugo Chavez alla presidenza, all’inizio del 1999, si inaugurò in Venezuela un processo di profonda trasformazione sociale avviata da un’ampia sinistra, che partiva da posizioni socialdemocratiche, nazionaliste rivoluzionarie, liberiste e socialiste fino ad arrivare alle diverse correnti rivoluzionarie della sinistra e diverse espressioni dei movimenti popolari. Questa confluenza di strategie “dall’alto” e “dal basso”, generalmente considerate incompatibili, obbligò tutta la sinistra a riflettere sulle diverse tipologie. Tra queste ci sono le valutazioni dello Stato, l’economia, la partecipazione, la democrazia e in più strategie e percorsi di trasformazione sociale.
Un’idea guida delle norme del processo bolivariano sta nella priorità del potere costituente inteso non come temporaneo o di potere delegato e / o sovranità ma come continuo potere creativo del popolo, che si impone allo stesso tempo, al potere costituito. Pertanto si rifiuta la logica della mediazione caratterizzata dalla separazione tra “società civile” e “società politica”. Si tratta invece di promuovere il potenziale e la capacità diretta del popolo, analizzando, decidendo, attuando e valutando tutto ciò riguardante la sua vita. Il potere costituente si riferisce alla consulenza in generale, al Potere Popolare e al concetto di base dello Stato Comunale.
In Venezuela l’idea della priorità del potere costituente si fa strada dai movimenti
popolari a partire dagli anni ‘80. Negli anni ‘90 si scopriranno coincidenze con gli scritti del filosofo italiano e attivista Antonio Negri.
Chavez divenne leader dei movimenti già al tempo del MBR-200, lesse il libro di Negri in carcere (1992-1994), lo considerò un’ influenza importante nello sviluppo del progetto bolivariano e lo seguì citandolo frequentemente durante il suo giuramento come presidente nel gennaio 2007 e nella difesa della modifica costituzionale proposta nello stesso anno.
In un rapporto dialettico tra Chavez ed i movimenti popolari si costruisce un nuovo percorso per la trasformazione sociale.

La rivoluzione come processo

Il potere costituente è la potenza, la capacità legittima creativa che risiede negli esseri umani, la capacità di creare qualcosa di nuovo, senza dover fare riferimento a ciò che esiste e senza sottomettersi a ciò che c’è stato precedentemente. Il potere costituente, essendo onnipotente e comunicativo, è stato ed è la giustificazione e la motivazione che ha portato alla rivoluzione, alla democrazia e alla repubblica. Quindi il potere costituente è il più grande motore della storia, la forza sociale innovativa più importante e potente.
Tuttavia storicamente, sebbene il potere costituente fosse fonte di legittimità, non appena svolta la sua funzione di legittimare l’esistenza del potere costituito, fu messo a tacere e privato della sua capacità di agire per conto di esso.
La domanda è allora come può il potere costituente avere costantemente la possibilità di distruggere e rimodellare il presente, dare impulsi e creare qualcosa di nuovo che non derivi dal vecchio.
La rivoluzione non è poi intesa come un atto di potere decisionale, ma come un ampio processo di costruzione del nuovo, un atto di creazione e di invenzione. Questo è anche un lascito del processo bolivariano ai movimenti del Continente americano e oltre. Il processo di costruzione “a due bande”, con approcci e strategie dal basso e dall’alto, simile a elaborato in Venezuela, è diventato caratteristico per diversi contesti di trasformazione sociale in America Latina. Il processo venezuelano prevede la partecipazione delle organizzazioni di stile tradizionale, gruppi e organizzazioni nuove e autonome, di correnti centrali di Stato anche anti-sistema.
Secondo gli orientamenti politici del processo, il potere costituente, cioè la capacità creativa, collettiva, legittima e sovrana degli esseri umani, che si esprime attraverso i movimenti, nella base sociale organizzata,è il principale mediatore per il cambiamento. Nel frattempo il potere costituito, lo Stato e le istituzioni, dovrebbero garantire il quadro e le condizioni del processo. Anche se non privo di contraddizioni e conflitti, l’approccio “a due bande” è stato in grado di mantenere e approfondire il processo di trasformazione sociale in Venezuela.
Nel 2005 Chávez classifica il socialismo come unica alternativa al necessario superamento del capitalismo. E a partire dal 2007, la partecipazione è stata ufficialmente inserita in un contesto di potere popolare, di democrazia rivoluzionaria e socialismo.
A causa delle evidenti difficoltà di definire un percorso chiaro per giungere al socialismo o un concetto chiaro di quello che oggi è il socialismo, l’obiettivo è definito come socialismo del XXI secolo, che è in pieno sviluppo e discussione. ll nome serve anche per differenziarlo dal “socialismo reale” del XX secolo. Il processo di ricerca e costruzione è orientato principalmente verso valori quali comunità, uguaglianza,
solidarietà, libertà e sovranità.

Superare lo Stato borghese

Nel gennaio 2007, Chávez intende superare lo Stato borghese attraverso la costruzione dello Stato Comunale e riprende un dibattito derivante dalla corrente anti-sistema e lo generalizza. L’idea principale è che si formino le strutture di consigli di ogni tipo (consigli comunali, Comuni e Città comunali), che sostituiranno progressivamente lo Stato borghese. Lo Stato non è concepito come uno strumento neutrale (matrice leninista) o entità autonoma (come nella tradizione borghese o socialdemocratica) ma come un prodotto integrale del capitalismo e in quanto tale, deve essere superato. Così come esposto nella riforma costituzionale respinta nel referendum del 2007, il futuro Stato Comunale dovrebbe essere subordinato al potere popolare, che sostituisce la vecchia società civile borghese. Così si spiega il superamento della scissione tra economico, sociale e politica, tra società civile e società politica, le basi dello Stato borghese e del capitalismo. Nel frattempo si cerca di evitare la sua rilevanza e la sua condizione assoluta, come nei paesi del “socialismo reale”.
Da parte del governo e alla base del processo bolivariano vi è una dichiarata intenzione di ridefinire Stato e società a partire dall’interazione tra “su e giù” e quindi di aprire una prospettiva indirizzata al superamento delle attinenze capitaliste. Secondo l’orientamento normativo del processo, lo Stato, poiché si serve di vecchie norme, non è visto come fautore di cambiamento, per cui il ruolo centrale appartiene ai movimenti politici, al popolo organizzato. Lo Stato dovrebbe seguirlo, facilitare i processi “dal basso” in modo che dal potere costituente, si sviluppino meccanismi e soluzioni per trasformare la società.
Lo Stato ha la responsabilità di assicurare contenuti materiali che richiedano la realizzazione del bene comune. Questo concetto ripetuto più volte da Chávez, è condiviso dalla maggior parte dei movimenti organizzati.
La grande sfida è quella di mantenere il processo aperto e sviluppare un piano concreto che sostenga, accompagni e rafforzi il desde abajo (“dal basso”) senza cooptarlo o limitarlo. Allo stesso tempo, si cerca di creare strategie “dal basso” per rendere possibile una parte attiva nella costruzione del nuovo, senza essere cooptato “dall’alto” o perdere l’iniziativa contro lo Stato e le sue istituzioni. Quindi si tratta di una relazione tra potere costituente e potere costituito, in cui il primo dà impulsi ed è la forza creativa del “nuovo”. Una delle domande ovvie è: se sia possibile e fino a che punto lo Stato e le sue istituzioni possono realizzare il superamento delle proprie forme correlate coi movimenti “dal basso” e se i meccanismi di organizzazione di base avviati o incoraggiati dallo Stato, possano realmente sviluppare un’adeguata autonomia (organizzativa, di discussione e decisione) dello stesso, condizione che porterebbe alla trasformazione dello Stato.
Riconoscere questo, apprezzare e incoraggiare le iniziative “dal basso” e, quindi, contribuire alla possibilità di ridefinire movimenti socialisti e rivoluzionari nel XXI secolo con rilevanza globale è una delle grandi eredità di Chávez.